Barilla e il sano ragionamento

Assistere al polverone Barilla è stata una vera sofferenza, perché mi infastidiscono molto le polemiche in cui vengono confusi e usati in modo totalmente arbitrario piani logici ed elementi molto diversi tra loro.

scuse barillaOra che la vicenda si e’ conclusa con le scuse internazionali, ora che tutto è stato detto lasciando l’amaro in bocca per il lavoro di una grande azienda e una grande squadra di persone (che conosco!), dimenticato in un attimo da una proprieta’ che sbaglia così clamorosamente espressioni e modi, proviamo a distinguere giusto un paio di livelli (ognuno meriterebbe un lunghissimo discorso a sè) e ad aggiungere i miei due centesimi.

Modelli tradizionali e donne in pubblicita’

Qui dentro ci sono almeno due argomenti ben diversi.

  1. il primo e’ legato allo svilimento e alla mercificazione della donna con un uso offensivo e volgare del suo corpo, cosa per cui alcuni pubblicitari si stanno gia’ attivando, studiando dei protocolli deontologici. Non mi dilungo perche’ il disgusto e’ tanto, il problema ampio, la strada ancora lunga, e richiede l’adesione delle aziende e la sponsorship forte delle istituzioni (come quella di Laura Boldrini). Qui si tratta di dignita’.
  2. il secondo aspetto, piu’ pernicioso perche’ ancora piu’ subdolo e soggettivo, e’ il dibattito sul famoso stereotipo di genere, quello della massaia-schiava-zitta-e-lava, per intenderci, su cui pure si e’ pronunciata la Boldrini. Quello su cui mi sono accanita anch io, quando dopo essere diventata direttore marketing sono diventata anche madre e ho realizzato improvvisamente a quanta insopportabile pressione perfezionista ero stata sottoposta. Ma qui si tratta di modernita’.

Lo stereotipo di genere in pubblicità è un argomento spinosissimo. Nelle discussioni a cui assisto c’è un crinale sottilissimo in cui si cade puntualmente da un lato (“nella famiglia tradizionale la donna ha/deve avere un ruolo centrale, e quindi la rappresentiamo così”),  o dall’altro. E l’altro estremo è arrabbiarsi e gridare al sessismo per ogni donna presente in pubblicità o addirittura per ogni menzione della donna se legata a pulizie, cucina o altri compiti di “cura” (per esempio “otto donne su dieci scelgono questo detersivo”). Cerchiamo di usare il buon senso: le donne, statisticamente e quindi scientificamente parlando, restano le principali responsabili d’acquisto e utilizzatrici di una categoria vastissima di prodotti. Bisogna  lavorare sul modo di rappresentarle, con grande intelligenza emotiva e grande attualità, ma addirittura non nominarle nemmeno? Non citare più test di mercato svolti sulla popolazione femminile – il famoso campione statisticamente rappresentativo che mi dispiace molo, ma serve ancora – perché altrimenti urtiamo la sensibilità di qualcuno?

Sembra che ormai si sia arrivati  allo stereotipo anche nel parlare di stereotipo: abbiamo raggiunto il meta-stereotipo. Mentre Barilla lavora a pubblicità come queste, i popoli dei social network continuano da anni a usare l’espressione “la famiglia del mulino bianco e il ruolo stereotipato della donna”.
Allora, io marketing manager di Barilla che ho girato questo spot, come minimo mi offendo per lo stereotipo e l’ignoranza sul mio lavoro. Poi certo, magari chiederei al mio capo un po’ più di GRP! (visibilità e pressione della pubblicità in questione)

Tornando alla confusione: un  articolo del genere  mischia completamente e violentemente i due piani, dignità e modernità,  piegando il caso Barilla a conclusioni quanto meno improbabii. Ora addirittura la pubblicità (di chi, di Barilla? Di tutto il largo consumo?) istigherebbe al femminicidio? Ma di cosa state parlando? Non c’è niente di peggio di una buona causa per accecare in molti la capacità di ragionare.

La responsabilità sociale della pubblicità e la promozione di nuovi modelli culturali

  • 3. Questo è un terzo e diverso punto in cui è molto difficile trovare un sano equilibro, e ha a che vedere con la famosa questione (l’uovo e la gallina): la pubblicità segue l’evoluzione della società o la promuove/la innova? E’ responsabile dell’innalzamento dei modelli culturali che propone o semplicemente li osserva? Può riuscire a fare bene entrambe le cose? Io in fondo spero di sì, perché sono sempre ottimista sulla qualità di un lavoro fatto bene.
    A proposito dei modelli culturali sulla famiglia, sappiamo bene (e ne abbiamo parlato con una grande azienda proprio qui) che la realtà è ormai molto più complessa e che il concetto di famiglia “tradizionale” è cambiato profondamente.
    Ricordiamo che più di dieci anni fa un sugo osò far chiedere a un bambino a tavola: “mi vuoi bene anche se non sei il mio papà?” Spesso con uno spot e un po’ di sana leggerezza si riesce a sdoganare qualche tabù importante. In quel caso forse la pubblicità era già in ritardo rispetto alla società. Tuttavia per i matrimoni e ancora di più per le adozioni gay, siamo drammaticamente arretrati NOI tutti, non i pubblicitari con cui ce la prendiamo. L’Italia si divide, e le opinioni vergognose che sento spesso in giro potranno forse essere vinte solo il girno in cui vengono messe definitivamente fuori legge.
    I concorrenti di Barilla che hanno approfittato dela caduta sui gay e risposto, comportandosi  molto slealmente e dichiarando ipocritamente e improvvisamenre di essere a favore della famiglia gay, sappiamo benissimo che non avrebbero mai mosso un dito su quel tema di loro iniziativa.

garofalo

E in fondo perché avrebbero dovuto farlo. Sì, in fondo non riesco a non chiedermi perché, nelle scarpe di un imprenditore che deve vendere in un paese arretrato e incline alla polemica sterile come l’Italia, dovrei mai prendermi volutamente il rischio di una comunicazione che divide il mio pubblico e mi getta in pasto allo scandalismo dei media.

E infine il boycott

La chiamata al boicottaggio è un modus operandi tipico della  Rete per fare pressione. Ma è odiosamente contraddittorio,  perché chiede rispetto dei propri diritti allo stesso tempo mancando di rispetto ad altre persone. Sono i lavoratori i migliori testimonial di un’azienda: informatevi da  loro se l’ambiente in cui vivono ogni giorno opera con ingiustizia e discriminazione, prima di smettere di comprare qualcosa seguendo un gregge.  (Certo il caso Barilla è uno dei pochi in cui l’imprenditore stesso ha incoraggiato il boicottaggio…che infelicità.)

In conclusione…

Barilla continuerà ad essere una grande azienda e tornerà a comunicare calore e accoglienza per tutti, che lo faccia mostrando o no dei gay non mi farà alcuna differenza.
Ma anche l’irragionevolezza delle persone, purtroppo, continuerà sempre a prosperare a tutti i livelli, e su quella non sono affatto ottimista.

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