Il capitale umano (quello del Web)

Consideriamo due modi di utilizzare il nostro tempo in Rete:

1. Il tempo investito sui socialclessidra-tempo

Trascorro indubbiamente molto tempo sui social network. Li uso per contatti personali e professionali, nel primo caso ottenendo una gratificazione emotiva, nel secondo un ritorno di reputazione/immagine, e infine talvolta un ritorno economico (nuovi clienti). In cambio di questi benefici difficilmente garantiti, occasioni qualche volta soddisfacenti e qualche volta deludenti, le piattaforme che frequento vivono e prosperano profilando le mie informazioni e usandole per far pagare aziende interessate a raggiungermi con i loro messaggi promozionali. Tuttavia non mi lamento, il modello sta in piedi, funziona benissimo anche se mi tocca vedere annunci di cui non mi interessa niente – e ogni giorno in tutto il mondo nascono nuovi business basati sullo stesso principio: tempo e profilo personale in cambio  di informazioni, scambi e contatti.

2. Il tempo investito sul blog

Uso una piattaforma di blogging per farmi conoscere e notare, vi dedico tempo e costanza e ottengo contatti, gratificazioni e/o delusioni personali come sopra. Ma in questo caso succede anche qualcos’altro:  qualcuno – azienda o agenzia – mi trova, mi scrive direttamente e richiede la mia attenzione proponendo qualcosa. Dipende solo da me la decisione di investire o meno in alcuni contatti commerciali di questo tipo. Le variabili in gioco sono molte: il nome dell’azienda, il feeling con i suoi prodotti, ma anche l’empatia e la bravura di chi mi scrive senza farmi sentire un numero, la fiducia personale insomma, e l’originalità e intelligenza della proposta, che può essere di vari tipi:

Il modello meno complicato e più standardizzato è offrirmi soldi in cambio di spazio pubblicitario sul blog  (banner) o post sponsorizzati (si chiama paid media, e i post si chiamano advertorials); tutto regolare se viene dichiarata in modo trasparente la pubblicità.
il modello che piace molto ad alcuni blog e fa inorridire altri è regalare prodotti (ma limitarsi a quello è davvero povera cosa: bisogna creare delle storie intorno ai prodotti, aggiungere valore. Non ci crederete ma ultimamente mi hanno offerto di inviarmi del SALE. Extravergine, della riserva marina di xy…. Ma sale, tutto qui.)
Infine Il modello più complicato e difficile da gestire è offrirmi non soldi ma esperienze e informazioni  nuove e utili per me, con o senza prodotto, e così facendo, iniziare una relazione più duratura da cui possono nascere poi anche idee e collaborazioni professionali (per esempio la pianificazione editoriale e la redazione di un blog di un progetto), collaborazioni talvolta deludenti e talvolta soddisfacenti, come sempre nella vita.
– Il modello su cui non far conto assolutamente è diventare la “star”  “strapagata” (le virgolette sono d’obbligo).

Entrambe le situazioni, la 1 e la 2, si reggono sullo stesso sistema: dono/investo il mio tempo, in cambio di qualcosa che ritengo di valore PER ME, e il valore non è e non deve essere solo quello economico. Non è una novità che esista una grossa fetta di popolazione italiana – non solo i nostri genitori e zii, ma moltissimi coetanei – che ritiene il tempo trascorso sui social e blog come scandalosamente sprecato. Ma la loro opinione di solito ci influenza poco, perché abbiamo un concetto diverso di valore. Allo stesso modo, anche nel web, dovrebbe influenzarci poco l’opinione di chi ha un concetto di valore delle azioni in rete diverso dal nostro.

In questo ecosistema di rapporti professionali e personali, se c’è una cosa importante che rimane dopo la lettura di “fai di te stesso un brand” di Riccardo Scandellari è il lato umano, la parola grazie. Al di là dell’aspetto tecnologico e delle dritte utili su come usare le varie piattaforme, è la positività, l’accessibilità e la socievolezza autentica, che si può facilmente verificare nell’autore, quello che lo contraddistingue.

Accessibilità: tutti amiamo i vezzi da star, gli atteggiamenti da trend setter, da opinion leader. Ma nonostante tutta l’intelligenza e l’arguzia dei nostri contenuti, quello che lascia un segno negli altri è il valore umano reale che comunichiamo a chi entra in contatto diretto con noi. Rispondere con cortesia, evitare l’arroganza e la superiorità anche quando consideriamo l’altro non particolarmente meritevole della nostra attenzione, soprattutto non mettersi su un piedistallo (c’è tutto un mondo fuori che non sa neanche chi sei) e non usare ogni occasione per ribadire quanto si è superiori: quel karma digitale è un concetto reale e lo posso confermare in pieno – se diffondi positività, attirerai positività, se diffondi negatività…indovina.
Per esempio l’abitudine di sbeffeggiare pubblicamente mail di agenzie o altri improbabili interlocutori che ci approcciano nel web (anche quelli con le proposte più ridicole) non è una cosa bella, e qualche volta  rendendomi sicuramente impopolare ho provato a sostenere che è sempre meglio rispondere di no senza irridere, ma anzi offrendo anche qualche idea alternativa migliore. Il più delle volte è vero che di là c’è il nulla e l’impreparazione totale a gestire il rapporto, ma qualche volta magari no. Non possiamo sapere chi c’è.  E non possiamo sapere se, un giorno, qualcuno che oggi ho trattato male  sarà in un altro posto di maggiore responsabilità e potrà parlare di noi a qualcun altro che ci stava considerando per una bella opportunità.

L’economia del dono si regge sulla disponibilità, sull’accessibilità, sull’umiltà.

Questo è il messaggio del libro di Skande che mi preme sottolineare, che fa riflettere e fa fare autocritica, e questo capitale umano è il reale valore generato dal nostro tempo in Rete: ognuno lo gestisca come crede ma sapendo che la gentilezza lo incrementa, l’arroganza lo erode.

be kind

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