Il dono della sintesi e la mia vita in bullet point
Conservo a casa un faldone pieno di documenti utili e materiali di training, provenienti dalle mie precedenti vite aziendali, e da tempo – dopo aver parlato di mail fuori controllo – avevo in mente di condividere con voi questo argomento. L’origine è un foglio scritto per un paio di persone del mio team, che nel preistorico 1999 si intitolava “Effective writing memoâ€, ovvero “nota di una pagina su come scrivere efficaci note di una paginaâ€. Eccolo, esiste davvero, non scherzo.
Come disse Mark Twain, non avendo tempo di scriverti una lettera breve te ne scriverò una lunga. E’ vero anche nell’era del Web:  guardando alcune mail, newsletter e post possiamo constatare facilmente che la sintesi è un dono di pochi, e che quando non si è già dotati per natura, è un risultato che richiede lunga pratica e pensiero. Il caro Mark aveva proprio ragione: si fa molto prima ad esser lunghi, che brevi.
Dunque le mie buone regole del one-page memo su cui mi piacerebbe sentire la vostra opinione sono queste:
Parti dalle conclusioni e dalle raccomandazioni
Perché? Perché chi legge (un capo, un cliente, un collega, un lettore del blog) non ha mai abbastanza tempo e attenzione e deve capire velocemente cosa vuoi dirgli. Una buona norma di controllo è questa: se si ha una lunga analisi davanti ma non si sanno scrivere 2-3 conclusioni per riassumerla, vuol dire che i fatti (finding) e le lezioni apprese (learning) attraverso quell’analisi, e quindi l’analisi stessa, sono ancora troppo nebulosi. C’è ancora da lavorare.
Un’altra buona norma è chiedere a una persona del tutto estranea alla materia di leggere le vostre conclusioni e verificare che abbia capito a) cosa è successo b) cosa dobbiamo fare.
(Mi rendo conto che la mia mentalità malata di pragmatismo, per cui una cosa non vale neanche la pena di essere analizzata se non è traducibile in azioni è una fortissima presa di posizione filosofica e professionale, per cui siete liberi di argomentare il contrario.)
Riporta un dato/learning/informazione per volta commentandolo con frasi chiare e concise. E’ difficile distaccarsi da tutti i dettagli ma è necessario. Per questo sono utili i bullet point, gli elenchi puntati: un punto per volta, con la sua spiegazione.
Sintetici non significa criptici : bisogna mettersi nei panni di chi non sa assolutamente di cosa stiamo parlando –  e al contrario – essere semplici non significa essere “faciliâ€. Una materia complessa non deve essere ridotta a poche banalità nello sforzo mal riuscito di essere sintetici.
Evita di sollevare punti che possono provocare domande per cui non si hanno risposte. Se si è costretti ad azzardare delle ipotesi e delle interpretazioni personali, meglio chiarire subito che di tali, appunto, si tratta.
Abbi pazienza. Â Potresti dover rilavorare alla tua sintesi anche parecchie volte, Â prima di sentirti soddisfatto, per cui non demordere.
Infine controlla e ricontrolla il testo alla ricerca di imperfezioni grammaticali e refusi, e cura l’aspetto estetico del documento, perché la mancanza di una buona forma da’ al destinatario l’impressione di negligenza nei suoi confronti, lo predispone male. Una buona sostanza si può perdere completamente a causa di una cattiva forma.
E ovviamente….dimenticavo: se non entra in una pagina, non va bene!
La cosa che mi diverte molto rispetto a questo memo 100% cartaceo-analogico del ‘99, è la smania digitale odierna per gli elenchi puntati. Si è ridotto tutto a un elenco puntato, quando dietro (spero di averne dato solo un… sintetico assaggio) ci sono motivazioni e metodi di lavoro da apprendere. Spesso invece si nasconde la mancanza di idee/contenuti con una bella lista, che fa tanto professionale.
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