7 modi per essere competitivi
Questo è il titolo dato, in tempi non sospetti (1996) e molto lontani dall’attuale mania degli elenchi numerati, al capitolo di un training corposo che, vittima purtroppo dell’allagamento del mio studio, è ora ad asciugarsi al sole – ma tant’è, si terrà le sue macchie di muffa e non verrà mai buttato via.
Dal momento che il social media marketing non ha reinventato il marketing ma ha solo messo a disposizione strumenti più potenti per farlo meglio, per esempio il dialogo anziché il monologo, ho deciso di riportarvelo tal quale come spunto di riflessione.
Il marketing oggi è pieno di pregiudizi tanto da parte di chi crede di conoscerlo a menadito (l’arroganza del social media manager – tipo è a livelli talvolta ridicoli), quanto da parte di chi crede di essere immune dalla sua malefica influenza. Per cui ci tengo a precisare che essere competitivo, anche applicato al proprio personal branding (anzi, soprattutto!), non è una cosa cattiva. Al contrario, stabilire la propria strategia competitiva significa scegliere di dire bene cosa si sa fare bene. Senza un chiaro messaggio di questo tipo, e con la sola speranza di farcela… non andiamo molto lontano in nessun campo. Ecco quindi gli utili consigli.
1. Circoscrivere la promessa: pulisco le macchie di vino (o sono lo specialista di social media marketing del vino, il concetto è lo stesso)
2. Ridurre l’ambito dei concorrenti: sono meglio della candeggina (o sono il migliore in Toscana)
3. Mostrare il problema e la soluzione, prima e dopo. Questo è fondamentale in qualsiasi pitch da rivolgere a chi deve comprare qualcosa: mostrare la sua attuale frustrazione, e fargli vedere come se ne libererà .
Un buon marketer sa che non si vende un prodotto o un servizio decantando le sue caratteristiche, ma come ci si sentirà sollevati da un problema dopo averlo usato.
 4. Dare un nome a un problema che solo io posso risolvere. Dall’alitosi alla paralisi decisionale per eccesso di scelte, un problema è sempre qualcosa che limita qualcuno: noi lo abbiamo studiato e lo sappiamo trattare – il che è ben diverso dall’inventare un problema inesistente, come molti credono.
5. Torture test: significa usare esempi della nostra performance in condizioni proibitive, in cui tutti gli altri fallirebbero (tolgo la macchia di vino anche se vecchia di mesi, stirata e riposta nell’armadio)
6. Dimostrare la soddisfazione di altri clienti e la raccomandazione degli esperti. Includere nella nostra presentazione (come fa abilmente LinkedIn) l’opinione di chi ha lavorato con noi e può raccomandare il nostro approccio è sempre un vantaggio, ma va usato bene: l’endorsement deve essere specifico, i risultati raggiunti devono apparire come soluzioni concrete a un problema circoscritto, e non un generico sproloquio di lodi.
7. Avere una personalità distintiva. Non abbiamo bisogno di dilungarci su questo: la personalità (fatta anche di tono, feeling e “colore”) ci rende riconoscibili, occorre quindi puntare sui suoi aspetti più forti e originali. Inoltre la personalità dice molto sul perché facciamo quello che facciamo, quanto ci crediamo, quanto siamo “seri professionisti” che prendono un lavoro retribuito anche tappandosi il naso, o evangelist entusiasti che lo prendono perché ci credono.
Pronti a scrivere la vostra strategia competitiva?
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