Se la vita è fatta di conversazioni, dobbiamo imparare a vivere.
Fenomenologia delle ondate emotive nel web, qualche lettura e un video per compensare un po’ le emissioni negative.
Quando assisto al sollevarsi di onde emotive nel web e al loro infrangersi con relativo spargimento di morte e distruzione, ne resto sempre ammutolita e onestamente spaventata. Ammetto che non devo fare sforzo alcuno per stare in disparte ed evitare di intervenire, perché mi si annulla qualsiasi capacità e desiderio di partecipazione. Le vittime della strage a cui assisto impotente sono sempre, invariabilmente, le nostre intelligenze.
La fenomenologia del contagio che si ripete sempre uguale è la seguente:
Il fatto.
Si diffonde una notizia “forte”, in breve sotto gli occhi di tutti. Non c’è il tempo di approfondirla con esperti, di attendere e selezionare le fonti più credibili, quindi ci si fa un’idea veloce e superficiale di quello che è successo e dei perchè.
L’opinione.
A questo punto si guarda in giro se l’idea che gli altri si sono fatti, a loro volta a naso e a istinto, è simile alla nostra. Si sente “l’obbligo morale” di confrontarsi, confermando o confutando non per capire meglio i suddetti fatti con i loro perché, ma per trarne immediatamente affermazioni generali di grandi principi, e lezioni indiscutibili su grandi verità . Questo è appunto quello che più danneggia l’intelligenza e la cultura: confrontarsi non per capire, ma per giudicare.
Lo schieramento.
Anche gli osservatori fino a quel momento più o meno silenziosi vengono catturati nel gorgo e devono, assolutamente, dire la loro. Quando una massa di commentatori si sarà gettata in questo modo sul banchetto delle opinioni facendone scempio, si saranno delineati gli schieramenti e si è pronti per il livello successivo: dal commento sul fatto, al commento sui commentatori del fatto.
Chiusura ed epurazione.
Lo schieramento ostile conduce infine alla chiusura e al bisogno di rassicurazione: nel mio giro di conoscenze, automaticamente avrò catalogato chi ha detto cose in sintonia con il mio sentire e chi ha detto secondo me bestialità. Nel giro di 48 ore cominceranno addirittura le dichiarazioni di epurazione, cioè vedremo persone che si dichiarano così sdegnate per alcune manifestazioni, da sentirsi costrette ad eliminare dai loro contatti gli autori delle suddette.
Sulla stupidità del voler dare la colpa di tutto questo al Web in quanto tale (il web in sè non è niente, il web siamo noi) non mi soffermo.
Mi soffermo invece su due articoli che mi hanno fatto riflettere abbastanza, oltre che sulle dinamiche, sulla bassezza di alcune esternazioni.
- Il primo è di Beppe Severgnini e afferma, in sostanza, che le redazioni dei giornali non hanno le risorse nè forse il compito di moderare i commenti offensivi. “Siamo giornalisti, non guardiani di uno zoo” , afferma citando numerosi esempi di testate straniere che hanno chiuso le sezioni notizie ai commenti. Non è un problema solo italiano. Se non sapete commentare, non vi facciamo commentare, insomma. Mi sembra inevitabile. http://www.corriere.it/tecnologia/social/14_dicembre_20/cinismo-insulti-commenti-web-2f934f48-8814-11e4-b064-a02e4007228e.shtml
- Il secondo è di Wired e racconta, appunto, il lavoro allucinante di chi, per conto dei colossi del web, deve “moderare” ogni giorno ore e ore di abiezione, contenuti e immagini che toccano gli abissi più oscuri della natura umana. Questi poverini finiscono per ammalarsi e mollare dopo pochi mesi. http://www.wired.it/internet/web/2014/10/24/il-costo-umano-della-moderazione-di-contenuti-online/
Ecco, la nostra generazione è cresciuta ascoltando al telegiornale notizie incomprensibili su inflazione, scala mobile, brigate rosse. Ricordate? Al massimo ascoltavamo i commenti, spesso semplicemente attoniti, dei nostri genitori. Da bambina, sono rimasta disgustata dai palpeggiamenti quotidiani in autobus, e da un uomo che una volta si sfogò così con qualcuno: “Le donne, a casa dovrebbero stare, non a rubare il lavoro a noi”. Sto parlando di qualche decennio fa, non di secoli fa, eh. Pronunciò queste esatte parole inoculandomi il germe di una furia e di un’ambizione che sono diventate lo scopo della mia vita.
Ma molto, molto più di me, i miei figli avranno costantemente sotto agli occhi, accessibili 24 ore su 24, l’ignoranza, la bassezza, la volgarità dei branchi. Le nuove generazioni avranno bisogno di educatori fermi e illuminati, docenti di civiltà online e offline. Tra i lavori del futuro, ho provato ad immaginare proprio questo: l’insegnante di educazione civica digitale (digital citizenship).
Rispetto al popolo dei commentatori, chi – come noi blogger – produce contenuti dovrebbe sentirsi ancora più responsabile. Prendere una posizione, schierarsi pro o contro qualcosa o qualcuno non è affatto un obbligo, ma lo è sicuramente fornire uno spaccato utile su alcuni punti di vista, raccogliendo e analizzando fonti e non aprendo giganteschi bar. Senza la pretesa di esaurirli in un post, su un blog o peggio su Facebook, questi punti di vista.
Ormai qualche annetto fa, ho riassunto in un libricino qualche pensiero sulla bellezza della conversazione quando è rispettosa e apre la mente. Se vi va, lo trovate qui.
Bene; ho chiuso l’anno con il proposito di condividere in giro non più critiche o rancori, ma esempi positivi. Quindi, a rischio di causarvi diabete, vi lascio con un video sul contagio della bontà , sperando in questo modo di compensare un pochino le emissioni negative dell’ignoranza e dell’aggressività.
Abbiamo lo stesso proposito per il 2015 Flavia! Sto scaricando il tuo libro e spero di leggerlo presto. Francesca
Brava! 🙂