Il paradosso dell’influencer marketing

Dalla mia partecipazione allo  IAB Forum, e dalle recenti  riflessioni su un modello virtuoso quale può essere quello dell’Influtility, mi porto a casa alcune osservazioni.

Tutti parlano di influencer marketing…

Insieme al programmatic, è l’Hype del momento. E tutte le piattaforme di “influencer”e “native” advertising che ho ascoltato, partono sempre in toni allarmistici da un annuncio catastrofico: la pubblicità tradizionale non funziona più! (caspita,  in USA lo stanno dicendo dal ‘99, in Italia almeno dal 2007-2008), come mai lo scopriamo solo ora? perchè ora ci sono gli ad blocker .
Non perché il modo in cui è concepito la pubblicità (autoreferenziale, monodirezionale) è superato e inefficace, ma perché la gente può decidere di non vederla.
Ecco, gli ad blocker fanno aprire gli occhi a tutti: il mio banner non esisterà più! E addirittura 8-9 click su dieci non provengono da umani..ma da robot.  Bisogna trovare subito qualcos’altro da fare!

Secondo assunto fondamentale: le persone non si fidano della pubblicità, ma delle persone come loro.
Quindi largo agli influencer, perché funzionano. Facciamo tutti influencer marketing!

…Ma non usano le parole giuste

Quando paghiamo le persone per usare il loro spazio in rete (blog, social) e veicolare messaggi pubblicitari preconfezionati, questo si chiama buzz marketing, non influencing.  Si chiama paid media, non earned media, che è quello che si guadagna nel tempo con la reputazione e la raccomandazione sincera (advocacy).
Le piattaforme che pubblicano brief e campagne su cui gli “influencer” non hanno in realtà alcuna influenza, limitandosi a prelevare e a diffondere, sono piattaforme di buzz che esistevano già nel 2008 cioè quando ero-direttore-marketing- nella mia- vita- precedente.  Solo che ora stanno avendo un vero  e proprio boom (ricordatevi gli ad blocker!).
L’efficacia di questi messaggi può essere  pari al massimo  a quella del paid media: il messaggio può essere più o meno carino, gradevole, ben pensato, ma resta una pubblicità e come tale viene percepito. Come può servire  quindi a superare i limiti intrinseci di una pubblicità tradizionale?  Stiamo solo cambiando mezzo/canale: da un banner, cioè da un’affissione su un muro, a una persona-sandwich. O davvero pensate che il mezzo sia il messaggio?

Dire che il paid media non funziona e poi usare le persone come paid media, è quanto meno bizzarro.

Sempre paid media rimane, e non ha niente a che vedere con la vera influenza  che è frutto della credibilità.

Esistono siti, che talvolta vantano anche decine di migliaia di lettori e follower (veri o finti?), che pubblicano solo recensioni di prodotti.  E’ come sfogliare il volantino di un supermercato di periferia,  in un italiano persino peggiore. Sono siti utili? Forse, come possono esserlo le vetrine di un centro commerciale, togliendo anche il piacere per gli occhi. Sono contenuti autorevoli, preparati,  credibili? Spaziando dalla crociera ai Caraibi all’ultimo romanzo dell’illustre sconosciuto, dallo spazzolino al concime, dai cosmetici agli attrezzi da giardino, tendo a dubitare della elevata cultura specialistica di chi scrive. Non lo chiamerei influente: essere una persona autentica, studiare (sì, proprio studiare) e gestire  uno spazio credibile in Rete è tutta un’altra cosa.
Non è che – solo perchè quello spazio è pubblicato da persone comuni come noi e non da grandi gruppi editoriali – il messaggio per magia cambia natura ed efficacia, trasformandosi da pubblicità mediocre in raccomandazione affidabile (advocacy).  Se quel messaggio è ignorante e superficiale, rimane ignorante e superficiale. E no, se per caso lo state pensando ancora,  il mezzo-influencer  non fa il messaggio-influente.

Mettiamo l’automazione al servizio della relazione

Il vantaggio di una piattaforma automatizzata è abbattere i costi di gestione delle attività di marketing, dalla ricerca degl interlocutori giusti all’esecuzione. Ma questo vantaggio significa che abbiamo una grande opportunità: dedicarci alle persone e ai contenuti per abbattere  il costo per risultato. Questo può  verificarsi solo grazie alla qualità, che è generata  da tempo, creatività, approfondimento,  insight. Se l’automazione è al servizio  delle relazioni e della creatività, allora il marketing diventa un valore utile e divertente da costruire insieme, che produce migliori risultati, conversioni più organiche, e non solo boost  tattici di scarsa durata.  Il costo per risultato ri riduce perché il messaggio è più efficace e non deve essere ditribuito a pioggia per raggranellare click, ma può essere mirato. Meno buzz, più valore.
Se invece ci limitiamo a usare  le persone come mass-media, se mettiamo le persone al servizio di una macchina da pubblicità in serie, stiamo tradendo il vero potenziale del web e la vera rivoluzione digitale, stiamo solo facendo  una… rivoluzione a metà:
dal  “noi parliamo e voi ascoltate” della TV anni ’80, al  “noi parliamo e voi ripetete, uguale uguale, e in tanti-tanti, grazie”

 

Ps. questa è la nostra presentazione allo IAB di mercoledi scorso

http://www.slideshare.net/YourBrandCamp/yourbrandcamp-a-iab-2015-influtility

[slideshare id=55783920&doc=iab-2015-151203144444-lva1-app6891]

 

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